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Paul Hunter 1978-2006

"L'estremo addio a Paul Hunter, lo stratega del Piano B"
 
«Paul era un uomo che aveva tutti i venti a suo favore: un talento straordinario, un bell'aspetto, fama, ricchezza, fascino e una bellissima moglie. Questo deve farci riflettere su quanto la vita possa cambiare in fretta»

Sir Rodney Walker, direttore di World Snooker

Hunter

Resto di ghiaccio un martedì pomeriggio, dopo aver appena iniziato a navigare in internet, al vedere in primo piano la foto di Paul Hunter sulla pagina d'entrata di un noto sito di snooker. Butto subito l'occhio alla didascalia e il tragico sospetto diventa certezza quando vedo le fatidiche due date: quella di nascita e quella di… Dunque il bel Paul, il sex symbol del panno verde, se n'era andato senza clamori il giorno prima, lunedì 9 ottobre 2006, all'età di 27 anni lasciando l'adorata moglie Lindsey - la complice del famoso «Piano B» - e la piccola Evie Rose di dieci mesi, nata alla fine del 2005 quando ancora si pensava che la fibra del giovane campione inglese l'avrebbe avuta vinta alla fine, sul male del secolo.

Purtroppo il destino ha voluto diversamente, e a pensarci bene è apparso evidente fin dagli inizi del 2006 che le cose non potevano che finire così quando abbiamo visto Hunter spegnersi di torneo in torneo sotto l'impietoso occhio della tv. Ad aprile, al Mondiale di Sheffield il povero Paul era ormai ridotto all'ombra di se stesso: un fantasma che si trascina attorno al biliardo. Con queste premesse, il successivo comunicato dell'Associazione Giocatori Professionisti, di un Hunter che avrebbe saltato completamente la stagione 2006/2007 (pur conservando la sua posizione in classifica) in modo da potersi curare al meglio lontano dallo stress delle competizioni, confesso che mi era apparsa subito una pietosa menzogna per nascondere una situazione che probabilmente stava precipitando. Certo non potevo immaginare un epilogo così rapido, anche in ragione delle forti motivazioni familiari e professionali di questo brillante giovane splendidamente forgiato nel fisico e nel carattere.

«Era unico nel mettere a suo agio chiunque, e trattare tutti allo stesso modo. Il suo sorriso irriverente, il suo look e il calore del suo spirito riempivano le sale, e affascinavano il pubblico ovunque lui andasse»

Brandon Parker, manager di Paul

Di una bellezza forse un po' efebica, con quelle treccine bionde a incorniciare un volto dai tratti fini e regolari illuminato da grandi occhi verdi e uno smagliante sorriso alla Tom Cruise, il divo dello snooker portava a spasso con eleganza naturale un fisico da modello dalle insospettate qualità atletiche. Anche i più scettici, coloro che della virilità hanno un'immagine più tradizionale, quelli che per intenderci vedono ancora come incarnazione insuperata di bellezza sul biliardo la mascolinità bruna o «fustacciona» di Tony Knowles – il bello degli anni 80 – ebbene tutti devono ricredersi sul «fighetto» del terzo millennio quando Hunter decide di accettare un provocatorio invito di un produttore televisivo a misurarsi con sportivi veri – campioni di calcio, rugby, boxe e quant'altro – in una competizione multidisciplinare denominata «Superstars», da mettere in onda in prime time sulla BBC, la rete di stato britannica. Date le spiccate caratteristiche di fisicità dell'evento, è normale pensare che Hunter possa finire stritolato tra i colossi dello sport del Regno Unito, ma alla prova dei fatti l'asso dello snooker rivela qualità insospettate sotto il profilo atletico e caratteriale, diventando una delle carte vincenti del programma. Niente da dire: il ruolo di protagonista gli è sempre stato congeniale, sin dai tempi dei tornei giovanili… di biliardo, s'intende!


Un carisma speciale

«Avrebbe avuto tutti i motivi per essere vanitoso e arrogante, ma non lo era. Era un ragazzo semplicissimo, di quelli con cui fare un giro al pub il venerdì sera, e diceva che avrebbe continuato a divertirsi anche dopo essere diventato campione del mondo.»

Michael Holt

Michael Holt  e Paul Hunter

Michael Holt, suo coetaneo, lui che ha avuto la gioia e il dispiacere di batterlo al primo turno televisivo del mondiale 2005, subito dopo la deflagrazione della notizia ufficiale di un'infausta diagnosi di tumore maligno allo stomaco per il caro amico, lo ricorda così ai tempi dei tornei giovanili: «La prima volta che lo vidi all'opera mi resi conto subito qualcosa di speciale. Chiamatelo carisma, o come volete. Non a caso fu lui a vincere il torneo, e dopo quello, gli altri…»

Bruciate le tappe a livello giovanile, Hunter passa subito professionista e già a 17 anni ottiene un grosso risultato raggiungendo le semifinali del Regal Welsh, a Newport (Galles), vincendo complessivamente la bellezza di 11 incontri. Si migliora 2 anni dopo, nel 1998, andando a vincere quello stesso torneo con una convincente affermazione in finale su Higgins per 9-5. Diventa così il quarto giocatore a vincere un torneo valido per la classifica mondiale prima di compiere 20 anni, dopo Hendry, O'Sullivan e Higgins. In tempi più recenti, si parla del 2005, c'è riuscito anche il cinese Ding Junhui, altro giocatore di straordinario talento, a conferma dell'eccezionalità dell'impresa.

Strano a dirsi, però, il Nostro non riesce a trarne un input positivo: perde il controllo e rischia di smarrire il suo talento cedendo alle lusinghe della vita notturna. «Quella vittoria mi ha dato alla testa: troppi festeggiamenti, troppe libagioni… mi ci è voluto del tempo prima di rendermi conto che per tornare a vincere un torneo di quel livello avrei dovuto ricominciare a lavorare con impegno sul mio gioco». Il bel Paul mette la testa a posto e torna ad allenarsi con la continuità necessaria per ottenere risultati pari all'ambizione e al talento. Non nasconde di puntare a vincere a breve termine un torneo dello Slam, magari il Mondiale, tanto più ora che al suo fianco inizia ad aleggiare una presenza femminile stabile. Si tratta di Lindsey, la sua nuova musa ispiratrice. Non quel tipo di ragazza – la modella o la velina – che ti aspetteresti di vedere accanto a un personaggio come lui. A guardarla, nulla di speciale. Potrebbe essere benissimo la ragazza della porta accanto. Un po' formosa, direi, altezza media, capelli lunghi di un biondo ossigenato e viso dai lineamenti piuttosto marcati. Niente di particolare, ripeto, però una ragazza che quando apre bocca lo fa con lo stile di una vera lady. Capisci subito che è un tipo interessante, una che sa farsi ascoltare. Di Lindsey, che ha qualche anno più di lui, si sa che fa l'estetista, ma per Paul è una regina. La copre d'oro e, da ragazzo onesto qual è, le rimane fedele con grande scorno delle tante ammiratrici. Lei ha già deciso che sarà lui il padre dei suoi figli.


Una coppia trendy

Paul e Lindsey Hunter
Paul e Lindsey Hunter

Il campione di snooker, è risaputo, preferisce avere al suo fianco una donna tranquilla, possibilmente casalinga, che sia una brava madre per i suoi figli. Lo provano, tra i tanti, il matrimonio di John Higgins con Elaine, quello di Stephen Hendry con Mandy o ancora quello, seppur turbolento, tra quel vizioso di Jimmy White e la bellicosa Maureen, con i due che ogni tanto finiscono pieni di lividi al pronto soccorso o al commissariato, tristi emuli di Michael Douglas e Kathleen Turner, gli irriducibili protagonisti del film «La guerra dei Roses».

A fare eccezione, giusto per confermare la regola, ci ha pensato quel pazzerellone di Willie Thorne, un campione e anche un «bello» degli anni 80 che, da parecchie stagioni, è in forza al team dei commentatori della BBC. Ebbene Thorne, all’epilogo di sfortunate vicende personali legate al gioco che lo hanno portato alla bancarotta, dopo aver dilapidato un patrimonio di svariati miliardi, ha avuto la fortuna di sposare in seconde nozze una splendida ragazza, già miss Inghilterra. Un matrimonio che, se ha contribuito a rilanciarlo in qualche modo dando ancora lustro al suo nome e alla sua famosa pelata di ultracinquantenne, non ne ha certo risolto i problemi finanziari.

Se non altro un po’ di gossip a dare un momento di notorietà al gioco anche sui tabloid, che di natura tendono, contrariamente alla TV, a seguire lo snooker solo in occasione dei Mondiali o di qualche altro grande evento. Come nel calcio ci vorrebbe anche qui una coppietta dinamica e frizzante – tipo David Beckam e la «Posh Spice» Victoria – a stimolare l’interesse pruriginoso dei quotidiani verso un certo tipo di informazione. Le cose però iniziano a cambiare con l’entrata in scena di «Paul & Lindsey» così carini, così simpaticamente complici, la coppia rilancia le azioni del panno verde sulla carta stampata, soprattutto ora che Hunter ha ritrovato la vena vincente con un successo che per lui è anche una consacrazione, visto che arriva in un torneo dello Slam – il Masters – e per di più a Londra, nella capitale.

«Chiunque vinca il Masters per due volte di seguito deve essere considerato un grande giocatore. Paul lo era senza dubbio, e sono certo che sarebbe stato un futuro campione del mondo»

Willie Thorne

Masters 2001
Una vittoria da grande campione la sua, recuperando da un pesante passivo di 7-2 al termine della prima sessione per andare a completare una favolosa rimonta ai danni del roccioso irlandese Fergal O’Brien. Il tutto con i fuochi d’artificio di 4 centoni in 6 partite, per un 10-9 finale che manda in delirio i 3000 spettatori paganti, da tutto esaurito, di Wembley Conference Centre. Siamo nel 2001, ma il bello arriva l’anno dopo quando un grande Hunter allinea tre strepitose vittorie. La prima ancora al Regal Welsh, battendo 9-7 Doherty, poi un netto 9-4 su McCulloch al British Open, a siglare il suo terzo successo in un torneo valido per la classifica mondiale. Quindi uno strepitoso bis al Masters, sempre per 10-9 e ancora in rimonta da un pesante 5-0 iniziale contro Williams. Un risultato che lo inorgoglisce: «Solo Hendry e Thorburn hanno vinto due edizioni consecutive del Masters. Ora sono come loro e credo davvero in me stesso». A chi gli chiede quale sia il segreto delle sue prodigiose rimonte, risponde velatamente di far ricorso ad un certo «Piano B», che consisterebbe in una speciale seduta di rilassamento in camera d’albergo con la fidanzata, nell’intervallo tra le due sessioni della finale... ne nasce un finimondo con i tabloid che, all’insegna del «niente sesso, siamo Inglesi», si scatenano a formulare ogni tipo di ipotesi. Intanto Paul e Lindsey se la ridono divertiti. La loro storia è già un classico del gossip e la coppia diventa d’acchito la «Posh and Becks» dello snooker, con ovvio riferimento ai famosi coniugi Beckham del mondo del calcio e della musica.
Il biliardo ha trovato finalmente la sua coppia da prima pagina.


Verso le vette del gioco

C’è una legge occulta nel gioco. Per tanti incontri che vinci miracolosamente al recupero, ce n’è inevitabilmente qualcuno che alla fine dovrai perdere allo stesso modo. L’amara esperienza tocca a Hunter in semifinale al Mondiale 2003, quando sembrava ormai pronto a mettere le mani sul titolo più ambito. Il campione inglese conduce 15-9 contro l’indomabile Doherty, quando l’irlandese si lancia in un prodigioso recupero. Hunter subisce a lungo l’iniziativa del rivale che, ormai favorito dal giro delle bilie, va ad imporsi per 17-16. Una botta dura da assorbire per il campione di Leeds che, comunque, si consola con l’ottavo posto in classifica mondiale a fine stagione. Farà ancor meglio l’anno dopo chiudendo al quarto posto. Per lui è un best in carriera, in un 2004 di cui risulta facile individuare le note salienti. La prima è un nuovo successo al Masters – il terzo per lui – ottenuto naturalmente sempre per 10-9, ancora in rimonta, questa volta ai danni di O’Sullivan che giocando in modo fantastico era riuscito a portarsi in vantaggio 6-1. Poi, come sempre all’intervallo è scattato il famoso Piano B e l'incontro ha preso il suo andamento naturale, anche grazie ad un contributo speciale di 5 centoni da parte del solito Hunter. Tutto secondo copione, non vi pare?

L’altra nota saliente della stagione è il favoloso matrimonio ai Caraibi con cui Paul e Lindsey coronano il loro lungo sogno d’amore. A fare da testimone arriva il fido Matthew Stevens che così ha modo di farsi «perdonare» della sconfitta che ha rifilato all’amico nell’ultimo Mondiale. Neanche a dirlo i giornali britannici si contendono a suon di bigliettoni l’esclusiva fotografica dell’evento. La vita sembra proprio una favola per i «Posh e Becks» dello snooker. Forse lo è davvero, ma ancora per poco.


Nasce un mito

«Abbiamo perso un grande personaggio, un campione e un amico. Fu uno shock per tutti quando gli venne diagnosticata la malattia, ma essendo così giovane pensavamo che ce l'avrebbe fatta. E' una perdita devastante»

Ken Doherty

Paul Hunter

In autunno, all'inizio della nuova stagione agonistica 2004/2005, Hunter stenta a carburare. Pare abbia problemi fisici. Si dice che soffra spesso di forti dolori ad un fianco e che, dati i sintomi, non dovrebbe trattarsi di appendicite. Agli inizi del 2005 la situazione non migliora e si rende necessario il ricorso ad un piccolo intervento chirurgico al colon. Gli vengono asportate alcune cisti che, all'esame istologico, si rivelano di natura maligna. Il mondo sportivo è sotto choc. Il diretto interessato fa fatica a realizzare: «E' incredibile che una cosa del genere possa capitare ad un giovane di 27 anni e ancora di più quando scopri che quel ragazzo sei tu». Ma la tempra è forte e Hunter riesce a farsene una ragione: «Mi è stata servita una brutta carta» - dirà più avanti col fatalismo di un giocatore di poker - «ma non ho nessuna intenzione di rinunciare a combattere. Continuerò a fare la vita di sempre: i tornei, la famiglia, gli amici». A un certo punto trova anche la forza per riderci sopra: «La chemioterapia non mi fa paura. Comincerò a preoccuparmi dei miei capelli solo quando mi ritroverò in testa una pelata lucida come quella di Willie Thorne!».

Un anno e mezzo dopo, nel giorno del suo funerale, tra le mille teste che si sono riunite a Parish Church, nella sua Leeds, per dargli l'estremo saluto, c'è anche la mitica pelata di Thorne. Fuori dalla chiesa un folto gruppo di tifosi si raduna attorno all'ex campione per sapere, per capire. «Ci mancherà terribilmente. Negli ultimi due anni ha lottato come un leone. Era uno splendido ragazzo e magnifico giocatore. Certamente uno dei più belli da vedere in azione. Aveva personalità e disciplina. A guardarlo alla fine di un incontro non potevi mai capire se aveva vinto o perso». Si avvicina anche Dennis Taylor, campione del mondo 1985, suo partner preferito al commento nel box della BBC: «Ricordi, Willie, la volta che ha battuto O'Sullivan in finale al Masters? Un match fantastico. Quando Paul e Ronnie arrivarono al tavolo osannati dal pubblico, sembravano due autentiche pop star».

Con Hunter lo snooker ha perso un grande campione, ma ha già trovato un nuovo mito.


Paul Hunter Paul Hunter
Nato a Leeds, il 14 ottobre 1978
Deceduto a Huddersfield, il 9 ottobre 2006 a 27 anni
Soprannome: «Il Beckham dello snooker»
Professionista dal: 1995


Titoli in carriera
Tornei validi per la classifica mondiale:
2 Welsh Open (1998, 2002)
1 British Open (2002)

Altri tornei:
3 Masters (2001, 2002, 2004)

Miglior serie: 146 (Premier League 2005)

 
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