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Il «carburante» della passione

"Lettera alla redazione"
 

«Quanto vincerò stasera io?
Diecimila dollari... diecimila dollari in una sera!
Chi vuoi che mi batta!? ...»

Con questo modo di fare Eddie Felson ne «Lo spaccone», agli inizi degli anni sessanta, porta alla consacrazione il luogo comune del connubio più odiato dai veri appassionati di biliardo: panno verde e gioco d’azzardo, o più in generale panno verde e vincite in denaro.

Quanto tra i praticanti sia radicata tale concezione, quanti siano mossi dalla voglia di migliorarsi e da sano spirito di competizione piuttosto che dal puro stimolo della posta in palio, non sta a me giudicarlo. Ma un aspetto accomuna tutti quelli che vogliono o che vorrebbero misurarsi nelle varie gare sparse qua e la per l’Italia. Il biliardo, come quasi tutte le passioni, ha un costo. Un costo che si configura negli attrezzi di gioco, nell’«affitto» del tavolo, nelle trasferte spesso impegnative e nelle iscrizioni alle gare stesse. Un costo che per i più non è assolutamente trascurabile nel bilancio mensile.

Tutte le gare, dal livello più alto al livello più basso, tranne rarissime eccezioni, sono strutturate in maniera tale da prevedere premi in denaro per i primi classificati e per i vincitori di gironi e batterie. E proprio l’entità della somma in palio, spesso decreta l’importanza della manifestazione e si configura come discriminante per partecipare o meno ad un determinato torneo.

L’oggetto della mia lettera nasce dal fatto che tali montepremi sono quasi esclusivamente formati dai soldi ricavati dalle quote di iscrizione. Questo fatto comporta che per raggiungere somme degne di tale nome, fatalmente, si debbano imporre costi di accesso alle gare che finiscono per scoraggiare non pochi appassionati.

Spesso si discute sull’importanza del ricambio generazionale, sul come poter incentivare la crescita delle nuove leve e la diffusione del nostro sport tra i più giovani. Ma, secondo me, non si fanno i conti con la realtà che un giovane, o un qualsiasi altro giocatore, deve affrontare per potersi misurare, e quindi migliorare, con altri giocatori. La grande maggioranza dei praticanti, dopo aver sostenuto le suddette spese varie, si trova a dover sborsare un minimo di 20/25 euro sapendo che, a meno di strabilianti sorprese, se ne tornerà a casa dopo una sola partita, o al massimo due. E riaffrontare i costi della trasferta senza neanche essersi reso conto di dove fosse. In proporzione agli iscritti i vincitori di girone, e a maggior ragione i vincitori finali, sono una strettissima minoranza e, in alcune realtà locali, magari sempre gli stessi. Questa situazione a mio avviso porta in breve tempo ad uno scoraggiamento e ad un’insostenibilità materiale nel perseguire la nostra passione.

Di contro, chi ha sostenuto gli stessi sacrifici ed è stato tanto abile da vincere rivendica il diritto a veder ripagati i propri sforzi, soprattutto economici, dettati, da trasferte, pernottamenti, spostamenti ecc.

Limitando il discorso alle gare di carattere interregionale, come si potrebbe coniugare l’esigenza di iscrizioni più abbordabili con la rivendicazione, da parte dei vincitori, di un congruo «risarcimento» per le fatiche e le spese sostenute? L’unica strada percorribile sembra essere quella che non prevede di ricavare il montepremi finale dalle quote di iscrizione alla manifestazione di interesse. E chi se non uno sponsor potrebbe mettere in palio premi per i vincitori in cambio di una buona pubblicità? Naturalmente non si ragionerebbe più in termini di denaro contante, ma in termini di buoni spesa più o meno consistenti. I premi forse più appetibili potrebbero essere buoni benzina, da cui il titolo della lettera, piuttosto che buoni spesa in attività di ristoro o di altro genere a carattere locale o nazionale.

Tralasciando il fatto che alcuni sporadici Eddie Felson sparsi per la Penisola potrebbero risentirsi nel non dover gareggiare più per gli amati «dollari», questo sistema potrebbe portare diversi vantaggi.

Per prima cosa sarebbe possibile abbassare di molto le quote di iscrizione, a tutto vantaggio dell’affluenza alle gare anche per chi, come i giovani, è economicamente più svantaggiato. E maggiore è l’affluenza generale, maggiori potrebbero essere le possibilità di organizzare gare in quantità e meglio distribuite sul territorio. Ma forse questa è una prospettiva troppo proiettata al futuro.

Secondo, i vincitori avrebbero comunque un rimborso ai sacrifici fatti. I buoni benzina credo siano molto appetibili visto che gli spostamenti sono sicuramente tra le voci più gravose da mettere a bilancio a fine mese.

E terza, ma non trascurabile, la prospettiva di allargare la cerchia di aziende, anche molto importanti, che potrebbero essere interessate a legarsi al mondo del biliardo. In fin dei conti, per quanto se ne dica, il biliardo vanta tantissimi praticanti e moltissimi appassionati. Ha un bacino d’utenza assolutamente non trascurabile, ed è comunque trasmesso in tv a livello nazionale. E anche se la copertura televisiva è garantita solo per le gare di cartello a livello nazionale, si potrebbe sfruttare la forza del web per proporre spazi pubblicitari ad aziende ambiziose, sui vari siti di settore, istituzionali e non, che registrano giornalmente un gran numero di visite.

Chissà se non ci sia qualche azienda lungimirante con voglia di mettersi in gioco. Secondo me è un idea da prendere in considerazione, ed è per divulgarla che ho scritto questa lettera.

Certo, Eddie Felson perderà molto del suo fascino nel dire:

«Quanto vincerò stasera io?
Diecimila litri di gasolio... diecimila litri in una sera!
Chi vuoi che mi batta!? ...»

...ma per la crescita del biliardo, questo ed altro!


 
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