Intervista a Gustavo Torregiani
Di Paola Luzzi, in Stecca - Interviste - gennaio 2007
Gustavo Torregiani

Apriamo il nuovo anno intervistando uno dei massimi esponenti del biliardo argentino in Italia: Gustavo Torregiani. Nel suo palmarès vanta ben due titoli Mondiali conseguiti nel 1989 a Chiasso e nel 1990 a Brescia, città che tutt’ora lo ospita, e di due Gran Prix di Goriziana a Saint Vincent (2002 e 2003). Gustavo Torregiani nasce a Leones (Argentina) il 07 Aprile del 1962, oggi risiede a Rezzato (BS) con la moglie e tre figlie: Victoria, Florencia e Camila. Proviamo a conoscerlo un po’ meglio:

BW: Quando sei arrivato in Italia? E’ stato il biliardo che ti ha portato qui?

«Sono nato a Leones e ho vissuto sempre lì fino al mio trasferimento in Italia che è avvenuto nel 1991. E’ stato proprio il biliardo a portarmi qui. Dopo aver vinto il secondo mondiale ho ricevuto un’offerta da un grosso sponsor che non potevo rifiutare e mi sono trasferito con la mia famiglia in Italia.»

BW: Quando hai iniziato a giocare a biliardo e come sei arrivato al tavolo verde?

«Da piccolino, mio padre, appassionato del gioco delle bocce, mi portava sempre con lui, ma le bocce mi annoiavano... così, per passare il tempo, mi facevo aprire un biliardo e passavo le ore a tirare. A 15 anni mi sono dedicato con passione a questo gioco, non ho mai avuto un "maestro" ma in Argentina si usava, e si usa tutt’ora, giocare molto in coppia. Così, ho "rubacchiato" qua e là ai giocatori esperti con cui avevo la possibilità di giocare.»

BW: Hai vinto numerosi e prestigiosi premi, c’è una vittoria che ricordi in particolare? E perché?

«Il primo mondiale senz’altro, nel 1989, avevo appena 27 anni e non avevo mai vinto niente di prestigioso prima: non ero nemmeno stato campione Argentino. Lo sono diventato l’anno successivo, a cavallo tra il primo e il secondo mondiale.»

Gustavo Torregiani

BW: La sconfitta che ti ha lasciato l’amaro in bocca?

«Sicuramente quella a Montesilvano contro Salvatore Mannone, in finale nella World Cup Pro. Era la finale di un Mondiale e perdere in quella maniera mi ha davvero lasciato l’amaro in bocca, per quanto fossi felice per Salvatore Mannone, giocatore che per altro stimo molto.» Per chi non ricordasse, quella finale fu decisa da una "contro-steola" di Mannone su una steola di Torregiani, in uno degli ultimi tiri dell’incontro; Mannone, nell’intervista del mese di novembre, lo ricorda ancora come uno dei tiri migliori che ha eseguito in carriera.

BW: Cosa conta di più per vincere a biliardo oggi? Talento, conoscenza, fortuna? E in che percentuale?»

«Secondo me manca una variabile alle tre che hai citato: il sacrificio. Senza questo non vai da nessuna parte, è una costante fondamentale. Per la percentuale direi che possiamo tranquillamente dire: 30% talento, 30% conoscenza, 30% sacrificio e 10% fortuna. La fortuna forse merita qualche punticino in più, quella ci vuole sempre.»

BW: Goriziana, italiana o tutti doppi?

«Italiana, senza dubbio. E’ il gioco che conosco dalla A alla Z, poi la mia preferenza va ai Tutti Doppi e infine alla Goriziana. Sembra un paradosso detto da uno che ha vinto per due volte il Grand Prix di goriziana, ma per me è stato quasi più difficile vincere a Saint Vincent che al Mondiale.»

BW: Tra tutti i tiri che esegui in partita, ce n’è uno in particolare che tutti ti invidiano: lo sponda-palla.
Solitamente con lo sponda-palla si cercano i punti e la messa diagonale. Ci sono delle posizioni in cui tu stai più attento a mettere la tua bilia "a colla" in sponda lunga, che a tutto il resto?

«La sponda palla è un tiro di attacco quando la bilia è vicina a sponda lunga, meglio ancora se vicina a lunga e a corta, altrimenti è un tiro prettamente di difesa. Nella difesa, uno degli scopi è proprio quello di cercare di mettere la propria bilia "a colla" in modo che sia inattaccabile per l’avversario nel tiro successivo.»

Gustavo Torregiani

BW: Si parla molto del biliardo con le buche e, come tu saprai già, la serie A l’anno prossimo giocherà su questi biliardi. Tu l’hai provato? E che ne pensi in generale?

«Beh, io sono nato sul biliardo con le buche, in Argentina si gioca ancora oggi su quei biliardi.
Se sono a favore o meno non dipende sicuramente dal tipo di gioco, ma dalla motivazione che spinge l’introduzione di questa specialità. Se è puramente economica e mira all’ennesimo esborso da parte della base, allora non sono d’accordo.
Già la seria A, quest’anno, organizzata così com’è non va: non bisogna togliere spazio alle competizioni in Tv, altrimenti è la fine.» (Gustavo si riferisce al fatto che l'anno scorso la Serie A era in concomitanza con le prove BTP e ripresa dalla Rai, mentre quest'anno sembra che non lo sarà più - NdR) «Se introdurranno le buche... sarà da vedere, è ancora presto per parlarne ma per me si rischia di fare un buco nell’acqua.»

BW: Chi è l’avversario che temi di più quando lo incontri in gara?

«Non ho avversari che temo di più o di meno, cerco di fare il mio gioco. Ho, come tutti i giocatori di biliardo, la mia "pecora nera" che è Zito, con lui ho perso delle partite incredibili. Io credo che, inconsciamente, con alcuni giocatori partiamo inevitabilmente vincenti e con altri meno. La sicurezza conta molto durante una partita ma ovviamente di questo ci rendiamo conto solo alla fine dell’incontro.»

BW: Non partecipi alle prove BTP, però fai il campionato a squadre di serie A. Sappiamo, da voci di corridoio, che hai un rapporto un po’ conflittuale con la F.I.Bi.S., hai voglia di raccontarci perché?

«Questo non è proprio vero, nessun rapporto conflittuale con la F.I.Bi.S. e i miei rapporti di collaborazione con alcuni giocatori della Federazione e alcuni dirigenti della New Project lo dimostrano.
Non partecipo alle prove BTP per un semplice motivo. Quando siamo rientrati, dalla Biliardo Pro in Federazione, ci hanno imposto di rifare le selezioni partendo dalla base. Io, in quanto giocatore straniero, sono stato retrocesso a Nazionale Straniero (una categoria fantasma), ma altri giocatori sono stati retrocessi in prima categoria (Venerando, Caria, Mannone, Albrito e tanti altri). Non ritenevo, come non lo ritengo tutt’ora, che quella sia stata la scelta giusta: secondo me si doveva fare, casomai, una selezione tra i professionisti della Biliardo Pro e i professionisti della F.I.Bi.S. e retrocedere a Nazionali quelli che non superavano la selezione.
Al di là di questo, attualmente, il dialogo con la federazione per me è sempre aperto.»

Gustavo Torregiani

BW: In Inghilterra i giocatori di snooker sono visti come dei veri sex symbol, come negli USA i giocatori di pool e in Italia? Secondo te il giocatore di biliardo ha un suo fascino?

«Secondo me sì. Tutto questo accadeva quando il biliardo andava spesso in televisione, all’epoca di Telepiù eravamo seguiti da molte donne. Ricordo con piacere che una volta stavamo passeggiando io ed Eliomar Berruti e per la strada, una coppia settantenne ci ha riconosciuto e ci ha fermato per chiederci se eravamo... quelli del biliardo!»

BW: Nel tempo che non dedichi al biliardo cosa fai? Hobby, studi, altri sport...

«Cerco di dedicarmi alla mia splendida famiglia innanzitutto, e poi ad altre attività professionali che sto seguendo, purtroppo non vedo futuro nel biliardo, almeno per come stanno le cose adesso.
Mi piace tutto lo sport in tv, Formula uno, Moto Gp, ma anche gli sport minori. Il calcio lo vivo in prima persona, andando allo stadio oltre che seguendo gli incontri in televisione.» La domanda è inevitabile... Cosa tifi? «Tutto fuorché Juventus!» dice senza pensarci tanto su, sorride... «Scherzi a parte, simpatizzo Roma.»

BW: Hai un rapporto consolidatissimo con la Nord-Italia, lavori da molto tempo con loro? E che tipo di stecca usi adesso?

«Si, mi sono sempre trovato bene con tutta la famiglia Longoni. E’ un rapporto molto solido e coinvolgente, sia sul piano commerciale che tecnico, domani ad esempio sono da loro tutto il giorno. Ora gioco con una stecca con manico in legno e puntale in fibra (lithium), per il gioco dei birilli è il massimo secondo me.»

Gustavo torna al suo allenamento, che aveva gentilmente interrotto al mio arrivo in sala (l’Accademia di Brescia) e a me non resta che ringraziarlo per la disponibilità concessa.




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