Masters 2007 - La rivincita di «The Rocket»
Di Enrico Galli, in Snooker - Articoli - febbraio 2007
Paul Hunter
Paul Hunter, tre volte vincitore
a Wembley, scomparso nel 2006

Ogni sport ha i suoi «templi», luoghi sacri dove ogni partita è molto più di una partita, dove le leggende nascono, si consacrano, muoiono. Per lo snooker questo luogo è Wembley. E da quest'anno il firmamento ha una stella in più, una giovane stella il cui bagliore illuminerà per sempre questo torneo, vinto tre volte con rimonte impossibili, ricorrendo al celeberrimo «Piano B». Una stella di cui non si è voluto dare il nome al torneo stesso, come tanti avevano chiesto... opposizione dello sponsor, sembra. Ma che importanza ha... nessun amante di questo sport potrà mai più pensare al Saga Insurance Masters, o comunque possano volerlo chiamare in futuro, senza pensare a Paul Hunter.

La grande novità di questa edizione è la location: lo storico e suggestivo Wembley Conference Centre lascia il posto all'ancora più maestosa Wembley Arena, che non ne fa rimpiangere il fascino, offrendo una cornice davvero impareggiabile all'evento.

Il Masters è un torneo ad inviti: partecipano i primi 16 al mondo più alcune wild card decise dall'organizzazione. Non ci sono punti classifica in palio, ma non sono quelli a fare la differenza per i partecipanti... e neanche il cospicuo assegno elargito al vincitore. E' il prestigio di vedere il proprio nome scritto nell'albo d'oro, quello che fa dichiarare a un campione come Ken Doherty «Preferirei vincere il Masters piuttosto che un altro campionato del mondo».

Ding Junhui
Il cinese Ding diventa il
più giovane ad aver mai siglato un 147

Proprio in una delle partite di wild card, il primo fuoco d'artificio del torneo: Ding Junhui (il quale, probabilmente, ha giocato il suo ultimo turno di qualificazione della carriera) durante uno splendido match con l'inglese Hamilton sigla una serie perfetta di 147, la seconda nella storia del Masters, e stabilisce un nuovo record come il più giovane giocatore ad essere mai riuscito nell'impresa durante la fase televisiva di un torneo. Questo record apparteneva a un certo Ronnie O'Sullivan, il quale da circa un mese a questa parte è al centro della cronaca per l'episodio accaduto al recente UK Championship, quando lasciò l'arena a metà della partita con Hendry, concedendo il match. Ne è seguito un brutto periodo per Ronnie, tra minacce di sanzioni disciplinari e messaggi di incoraggiamento mescolati a note di biasimo da parte di colleghi, tifosi e appassionati. Non era neppure da considerare certa una sua partecipazione, e non è da escludere che, almeno in parte, il motivo della sua presenza sia da ricercare nella volontà di onorare la memoria dell'amico scomparso, per il quale O'Sullivan ha rivelato di soffrire ancora molto.

Superano dunque i turni di wild card Junhui, Stevens e Carter. Soltanto il cinese avanzerà ulteriormente nel torneo, mentre Stevens ha solo «rischiato» di diventare il primo nella storia a sovvertire un parziale di 0-5 sulla distanza degli 11 frame, rimontando Hendry fino al 5-5 per poi arrendersi sul filo di lana. Il primo turno riserva un altro piccolo dramma, per fortuna concluso nel migliore dei modi, che riguarda il campione del mondo Graeme Dott: prima del suo match contro Lee ha ricevuto una telefonata da sua moglie, il cui controllo medico di routine durante la gravidanza aveva evidenziato un possibile tumore. Dott decide comunque di giocare, ma è comprensibilmente sconvolto e perde nettamente la sua partita. Per fortuna, successivi accertamenti scongiureranno l'infausta diagnosi.

Graeme Dott
Dott: grande spavento per
la moglie: tutto ok alla fine

Perde subito anche il campione in carica Higgins, non al massimo della condizione contro il connazionale Maguire, che sembra in crescendo di forma dopo un periodo estremamente negativo per lui. Sconfiggerà anche un poco ispirato Robertson al turno successivo, portandosi fino in semifinale, dove si arrenderà a O'Sullivan in una partita molto inferiore alle attese, tanto che lo stesso O'Sullivan dichiarerà «Sono tremendamente imbarazzato... Pensavo che tutti stessero ridendo di me. Stephen deve aver davvero giocato il peggior snooker di cui è capace, per perdere da me oggi. Non credevo che potesse giocare così male».
Dall'altra parte del tabellone la marcia di Junhui è trionfale: dopo essersi sbarazzato di Lee, e preso una sonora rivincita suo suo mentore Ebdon (che l'aveva eliminato al Campionato del Regno Unito), supera per 6-2 anche il ritrovato Hendry, che complimentandosi con lui dice «E' uno di quei due o tre giocatori con i quali hai la sensazione che non tornerai al tavolo. Se continua così, sarà al top di questo sport almeno per i prossimi 10 o 15 anni».

E' dunque, per la seconda volta dall'inizio della stagione, O'Sullivan-Ding la partita decisiva. «The Rocket» contro il giovane di ghiaccio, l'estro e il talento contro la disciplina e la tecnica, l'instabilità emotiva contro l'inscalfibile sicurezza. I turni precedenti non possono che indurre un pronostico leggermente favorevole al cinese: non solo lo storico 147 nel suo cammino verso la finale, ma anche una serie di partite impeccabili, senza quasi mai lasciare una chance ad avversari dai nomi che farebbero tremare le ginocchia a chiunque, solo a sentirli pronunciare accanto al proprio.
Ma Wembley... Wembley è uno di quei luoghi dove le regole non esistono, gli eventi invertono il proprio corso naturale, l'imponderabile è dietro ogni angolo... quanti piccoli «drammi sportivi» si sono consumati in questo teatro! E anche quest'anno il pubblico che gremiva gli spalti non ha certo assistito alla «solita» partita di snooker...

Si parte con Junhui per nulla intimorito dal pubblico (tutto per l'idolo di casa ovviamente), che mette in fila una serie da 77 (dopo una facile nera fallita da O'Sullivan) e il primo centone della serata, per assicurarsi un 2-0 iniziale che non promette nulla di buono per Ronnie. Ma il londinese si riprende subito: sa che non può concedere altro margine all'avversario, e strappa il terzo frame con un mezzo centone.
Poi un primo errore di Ding, il quale lascia il gioco in mano a O'Sullivan per il suo primo centone... oppure no? Arrivato a 99, l'ultima nera è troppo lontana da raggiungere, ma Ronnie invece di prendere il rest si «sdraia» sul tavolo, imbucando con un sorriso... si tratta di un fallo (aveva entrambi i piedi sollevati da terra), ma le statistiche in questo caso non raccontano la cosa più importante: il centone non è omologato, ma Ronnie è in giornata di grazia (96% la sua percentuale di imbucate) e torna a muoversi tra le bilie con la rapidità che gli valse il suo celebre soprannome.

Ronnie O'Sullivan
«The Rocket» alza il suo terzo
trofeo a Wembley

Al rientro dopo la prima pausa, la musica non cambia: una straordinaria serie da 128 porta O'Sullivan sul 3-2, e una rosa mancata da Junhui nel sesto frame apre la strada per un altro centone da favola (il terzo - per noi - consecutivo).
Il settimo frame è di quelli che possono cambiare l'inerzia di una partita: giunti all'ultima rosa con O'Sullivan in vantaggio di una manciata di punti, succede di tutto: entrambi sentono l'importanza di quella bilia, e sbagliano esecuzioni quasi elementari per loro... è una battaglia surreale e drammatica, che si conclude a favore del cinese il quale riesce a nascondere la bianca dietro alla nera inducendo O'Sullivan a due falli consecutivi! Ora è Ding che può vincere sulla rosa, e finalmente ci riesce imbucando a media distanza.

Era facile pensare che O'Sullivan accusasse il colpo: aveva in mano il frame del 5-2 e l'ha gettato via. Ma l'inglese stupisce i suoi detrattori e riprende il gioco come se nulla fosse accaduto, piazzando un altro centone che mette in evidenza tutto il suo talento e infiamma il pubblico, che comincia a pregustare una giornata trionfale... si va al riposo di fine sessione.

Tutto è ancora in gioco all'inizio della sessione serale: Junhui ha già dimostrato più volte grande solidità psicologica, e fiducia nei propri mezzi. Ma O'Sullivan non è in vena di regali oggi, e riparte alla stragrande con l'ennesimo centone sfiorato, portando sul 6-3 una partita giocata a livelli assolutamente stellari. Il cinese non si dà per vinto, e nel decimo frame costruisce un'eccellente serie che lo porta in vantaggio di 65 con 67 sul tavolo... ma sente la pressione del momento e fallisce la rossa decisiva: Ronnie aggredisce il tavolo e chiude il frame 66-65! E' il colpo del KO.

Ding e O'Sullivan
O'Sullivan consola uno sconvolto
Ding al termine della partita

Il pubblico è in delirio, qualcuno esagera e pare che volino insulti nei confronti del cinese (uno degli spettatori viene addirittura allontanato dalla security), il quale accusa visibilmente. Dal punto di vista puramente tecnico il libro della partita è stato già scritto: O'Sullivan è scatenato e Ding non vede l'ora di tornare negli spogliatoi... e quello che accade al termine del dodicesimo frame fa un po' il piccolo «romanzo» di questa edizione: quando O'Sullivan si assicura un vantaggio di 9-3 Junhui si alza dalla sedia e... va a stringergli la mano! Ironia della sorte è proprio l'inglese, che solo un mese fa attirò su di sé le critiche di mezzo mondo per un gesto simile, ad accompagnarlo «di forza» negli spogliatoi, impedendogli di concedere la partita... quasi commoventi le inquadrature dei due mentre uscivano dall'arena, O'Sullivan col braccio intorno alle spalle del frastornato ragazzino, che gli parla quasi a dirgli «So come ti senti, ma non commettere il mio stesso errore, non ne vale la pena!».

Resta solo la formalità dell'ultimo frame, col quale Ronnie si aggiudica facilmente la sua terza edizione del Masters alla ripresa del gioco. Si è poi venuto a sapere che Junhui non intendeva concedere, ma era talmente confuso da pensare che la partita fosse sulla distanza dei 17 frame anziché dei 19... Ma come dicevamo prima, a Wembley la fredda realtà va sempre a braccetto con la fantasia romanzesca, e l'immagine che ci piace ricordare è quella di un O'Sullivan che, forte delle sue dolorose esperienze, prende per mano un suo futuro erede e lo accompagna fuori, gli offre una tazza di the raccontandogli la sua storia e gli risparmia un'immeritata umiliazione...

Altrove, sarebbe stata soltanto una partita di snooker. Ma a Wembley... a Wembley c'è sempre qualcosa in più di questo... c'è quel pizzico di «magia» che ci fa amare così tanto questo sport.




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