La «voce» del biliardo
Di Andrea C. Rondini, in Stecca - Interviste - marzo 2007

A Maggio di quest'anno Franco Trandafilo dopo più di venti anni di onorata carriera come telecronista del biliardo non sarà più la «voce» del biliardo di «mamma Rai». E dobbiamo ringraziare ancora Trandafilo se oggi possiamo assistere al biliardo su RaiSport Satellite e alla trasmissione «Bilie e birilli».

Lo incontriamo presso il Centro Leonardo a Roma, prima dell'incontro fra CSB Roma Alkan - CSB Palabiliardo di Milano.

BW: Trandafilo, da cosa nasce questa passione per il biliardo?

«Semplicissimo: io ero iscritto ad una società polisportiva, nella cui Clubhouse era presente un biliardo. Per la prima volta mi sono accostato a questo sport e l' ho trovato pieno di fascino.
Lavorando in televisione ed essendo già nel 1987 viceredattore capo, andai a parlare con l' allora direttore del TG1 Albino Longhi, il quale a sua volta era un appassionato, per vedere se il gioco del biliardo si potesse adattare al mezzo televisivo.
Essendo io privo di qualsiasi nozione biliardistica mi rivolsi ad alcuni giocatori laziali su chi potesse insegnarmi i primi rudimenti del gioco. Fui indirizzato da N.Gomez che viveva in quel periodo a Roma, ed il quale mi insegnò come "funzionava" il biliardo, illustrandomene i tiri. Appresi i rudimenti del gioco, crebbe la passione proprio in considerazione del fatto che la conoscenza aumentava, soprattutto verso la geometria e la fisica del gioco stesso.»

Franco Trandafilo e Andrea Mancino
Franco Trandafilo e Andrea Mancino al tavolo RAI
al Grand Prix di Goriziana di Saint Vincent

BW: Durante le sue telecronache abbiamo notato che a lei non piace il linguaggio tecnico del biliardo, ci può dire il perché?

«Ha ragione, ed il motivo è questo. Il tecnicismo prefigura degli steccati negli spettatori, e le spiego. Chi è tecnico, e quindi conosce il biliardo, ovviamente conosce il nome dei tiri: la garuffa, la bricolla… Ma se io mi limito a citare soltanto il nome, non consento a chi si avvicina per la prima volta alla trasmissione del biliardo di capire i tiri.
Moltissime persone, soprattutto donne, sono attirate dalla geometria del biliardo, ma se mi limito a dire: "..ha tirato una garuffa" e non spiego cos'è una garuffa allora uso un tecnicismo che non viene capito da chi non lo conosce.
Così facendo invece, allarghiamo la comprensione ad un maggior numero di telespettatori. Questo è lo scopo.»

BW: In televisione sta avendo un grande successo lo snooker trasmesso da un altra emittente satellitare, lei avrebbe una ricetta per portare il nostro biliardo ad avere un maggior successo in televisione?

«La ricetta è questa: io faccio 200 ore di telecronache all'anno per Rai Sport Satellite, e l'ideale per attirare ed affascinare sempre di più lo spettatore, anche colui il quale non è un esperto di biliardo, è la velocità del gioco, dell'azione; più la partita è a punteggio corto ed è veloce, e più attira.
Pensi che nel 1987 durante il mondiale tenutosi al Castello Sforzesco di Milano le partite si svolgevano sui 250 punti, il che voleva dire una trasmissione che in diretta durava oltre 2 ore. In pratica si poteva comparare con una partita di tennis! Questo porta il telespettatore a stancarsi.
Quindi più le partite sono brevi e veloci, più lo spettatore rimane interessato. E' questa la chiave.»

Staff RAI
La FIBiS e la RAI: Claudio Bono, Manuela Chiesa, Franco
Trandafilo, Daniela Bruzzone e Andrea Mancino

BW: Dal prossimo anno la serie A si disputerà sui biliardi con le buche, crede che questo possa essere un problema dal punto di vista televisivo?

«No, e mi spiego. Nel 1986 ci fu la rivoluzione del biliardo, si giocava con le buche e le bilie più grandi, certamente c' erano i conservatori che non volevano l' innovazione.
Ma l' immissione del tavolo internazionale fu invece una cosa molto buona e si adattarono tutti sia i "professionisti" che gli amatori, così come credo che si adatteranno a questi nuovi.
Certo in televisione bisognerà spiegare gli eventuali cambiamenti, perché cambierà il modo di giocare.»

BW: Durante le sue telecronache lei è sempre molto "neutrale", non si capisce se tifa o no per qualcuno. Ci dica la verità: c'è un giocatore che preferisce?

«Ci sono 3 o 4 giocatori che mi piacciono. Intanto c'è Nestor Gomez che è un grandissimo giocatore, ha ancora uno stile perfetto nonostante i suoi 63 anni, nell'impostazione, nella steccata, nel modo di condurre la partita.
L'altro giocatore che amo molto è Carlo Cifalà, che è stato il più grande fantasista italiano sul biliardo. E' anche per questo eccesso di fantasia, questo suo concedersi al pubblico che ha perso anche titoli mondiali.
Poi c'è inevitabilmente Zito, che rappresenta il prototipo del professionista perché accomuna alle doti tecniche anche l'autocontrollo, una grande forza psicologica, ed incute paura all'avversario anche quando non è al massimo dei propri mezzi
E poi i giovani Quarta, Aniello, lo stesso Daniele Montereali, Marcolin, Martinelli, come è possibile non amare questi giocatori?
E proprio questi che sono venuti alla ribalta prepotentemente negli ultimi tempi, con la loro classe e serietà, possono essere presi come modello dai giovani che si avvicinano per la prima volta al nostro gioco. Quindi non solo i «vecchi» come esempio da seguire, ma anche i giovani.»


Riprese RAI ai Campionati Italiani di Saint Vincent

BW: Che futuro vede lei per il biliardo?

«Il futuro del biliardo secondo me è legato ad una azione che la Federazione può fare. La Federazione deve sponsorizzare i giocatori professionisti in maniera che loro insegnino alle nuove leve.
Vede, nelle sale da biliardo una volta c' erano tantissimi giovani, oggi la maggior parte supera i 50 anni, non c'è più quindi una proporzione con i giovani. Perché non c'è appeal del biliardo presso i giovani? I giovani se giocano al biliardo, giocano al pool ed anche lì ho constatato che il gioco è legato al solo divertimento. Non alle gare, alla parte agonistico-sportiva.
Se la Federazione manda i suoi giocatori a fare scuola allora si può mantenere vivo il biliardo, altrimenti fra dieci, quindici anni il biliardo muore per mancanza di ricambio generazionale.»

BW: Ci racconta un aneddoto da lei vissuto?

«Riguarda proprio Carlo Cifalà. E che fra l' altro a me è dispiaciuto molto aver vissuto.
Eravamo a Brescia al Mondiale dove Cifalà affrontava Torregiani. Io avrei scommesso qualsiasi cosa su Cifalà, che in quella finale vinceva 2 a 0.
Mi ricordo che insieme con me a fare la telecronaca come supporto tecnico c'era Giampiero Rosanna, e dissi alla fine dei primi due set: "speriamo che Cifalà giochi per se stesso, e non per la platea..." Carlo giocò per la platea, e perse.»


Qui finisce la parte «pubblica» della nostra intervista a Franco Trandafilo, che è continuata anche dopo aver spento il registratore, e che speriamo di poter riportare in un prossimo futuro.

Ringraziamo ancora Trandafilo per la sua disponibilità e cortesia.




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