La psicologia e il biliardo
Di Roberto Garofalo, in Frammenti - agosto 2006
In ogni sport che sia d’abilità o di intelligenza o nel quale i risultati non dipendono esclusivamente dal caso(azzardo), esiste un fattore che conta molto per questi risultati e che è spesso sottostimato: si tratta di una qualità fondamentale che, malauguratamente, non accompagna che poche persone e che abbandona nei momenti più impegnativi. Qualcuno ha detto che la persona nervosa è alla mercé di colui che invece sa controllare le sue emozioni; e un filosofo cinese diceva, scrivendo a proposito della serenità: «tu sei come un marinaio che pilota la sua barca in un mare calmo e sotto un cielo blu; aspetta che la tempesta si scateni e saprai allora se sei un buon marinaio».

Quante sconfitte subite al biliardo e tante volte anche con avversari molto più deboli! Sono spesso dovute alla mancanza di serenità, del controllo di se stessi.

Spesso noi vediamo che un giocatore, all’inizio della partita, ha delle posizioni facili che sfrutta a suo vantaggio Tutto fila liscio e il suo umore è positivo in relazione all’andamento favorevole; più d'una volta rischia con dei colpi estremamente difficili e sempre con successo. Tutto sembra andare d'accordo con i suoi desideri e si può dire, citando il filosofo cinese, che sta pilotando la sua barca sotto un cielo blu e con mare calmo. Ma improvvisamente c'è un cambiamento, spesso in seguito ad un errore da niente; ecco che la posizione diviene difficile, il nostro giocatore non sembra più in grado di continuare una serie (stiamo parlando adesso della carambola) con la facilità vista in precedenza; disperde le biglie nel vano tentativo di assicurarsi un punto delicato. Nel contempo il suo avversario ha visto l'occasione propizia che attendeva e riesce nel progetto di realizzare anche lui una buona serie che gli permette di avvicinarsi all'avversario e anche di andare in vantaggio. Il gioco continua e noi rimaniamo li a guardare come il nostro antagonista riesca a prendere in mano la situazione. Qui il filosofo cinese direbbe che il cielo si oscura e il mare ingrossa.

Senza dubbio si tratta di incidenti naturali durante le fasi del gioco, che capitano in quasi tutte le partite ma è comunque uno sviluppo che preoccupa, talvolta con forte intensità, numerosi giocatori fino al punto che tutto diventa nero: il gioco, il calcolo, il pensiero. I giocatori si bloccano, si lamentano della propria imprecisione e arrivano a volte ad accusare la fortuna, rea di aver loro voltato le spalle; si tratta certamente di fenomeni che esistono nella loro mente e che vengono fuori in quei momenti, attaccando i loro nervi. Questo conduce, come conseguenza logica, alla perdita totale del controllo del gioco, alla non corretta applicazione delle nozioni tecniche conosciute, soprattutto nel colpo di stecca; e una volta su questa strada significa dimenticare completamente il meccanismo che permetterebbe di sfruttare, quando si presenta, l'occasione favorevole. Il risultato di questa tragedia interiore, che è unicamente un «errore» nella testa del giocatore, è la perdita di una partita che era iniziata con le migliori prospettive e che, se fosse stata condotta con la calma necessaria nella fase critica, avrebbe potuto portare senza alcun dubbio ad una bella vittoria.

Questa considerazione può sembrare malinconica ed esagerata. Ma se noi l'analizziamo e l'osserviamo bene in un contesto quotidiano di gioco di biliardo e di psicologia umana vediamo come si riproduce con molta più frequenza di quanto non osavamo credere e si può esser certi che una percentuale molto alta delle sconfitte subite da un giocatore ha origine principalmente in questo fatto: la mancanza di controllo sui nervi, che è sì difficile ma non impossibile ad ottenere e che tutti i giocatori coscienziosi dovrebbero perseguire durante tutta la partita fino ad arrivare, in un modo pressoché automatico, a possedere questa impressione di sicurezza e di padronanza che senza dubbio porta colui che la sa trovare e mantenere, al trionfo finale in tutte le situazioni. Non si vuole affermare che il controllo dei nervi durante il gioco sia l'unica variabile per la vittoria in tutte le partite; ma nessuno può negare che il «controllo di se» rappresenti, in qualsiasi momento, l'arma migliore per poter riprendere situazioni anche disperate. Non sarà d'alcuna utilità al giocatore possedere o acquisire delle nozioni di conoscenze teoriche e pratiche se poi le dimentica, o non è in grado di applicarle, nel momento del bisogno.

Si può constatare con quale indifferenza alcuni giocatori terminino la loro partita dopo che sono giunti alla conclusione di non poter vincere. La regola principale a biliardo, ma credo in quasi tutti gli sport, è di dominare prima di tutto il nemico che abbiamo dentro di noi. Se non riusciamo in questo, non potremo mai riporre la stecca alla fine della partita senza aver qualcosa da recriminare nel brutale segreto della nostra coscienza: gli errori commessi, la mancanza di concentrazione per riuscire a portare a termine una situazione favorevole. Certo che non si possono vincere tutte le partite; quello che è importante è essere sicuri, ogni volta che perdiamo, che il nostro avversario ha giocato meglio di noi e che abbiamo poco o niente da recriminare perché abbiamo dato il meglio di noi, siamo stati all’altezza della nostra forza oggettiva. Non bisogna dimenticare che la precipitazione è spesso il contrario dell'efficacia, così come la serenità è la madre di ogni vittoria. Bisogna allora conservare la speranza di vittoria anche in circostanze negative. Il buon giocatore non si considera vittorioso se non quando ha giocato l'ultimo colpo.

Il motto di tutti i buoni giocatori dovrebbe essere: nessuna impazienza, mai precipitazione; la calma è parente della ragione.

Ecco il segreto del successo.




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